martedì 10 settembre 2013

LIBERTA' E BARBARIE

Ho  letto l’ennesimo testo sulla comunicazione social e visto che ancora una volta di acqua calda si parlava tanto varrebbe recuperare il manuale del boiler: perlomeno non si va oltre le 30 pagine di cui solo due veramente utili. Ancora una volta, secondo questi nuovi guru, la comunicazione delle aziende su Facebook e compagni deve essere personale, autentica e pregna di contenuti “di valore”.  Dovrebbe usare un linguaggio confidenziale, dialettico e aperto. Esattamente come fanno le persone sui loro profili e coerentemente con quella che è la natura del mezzo. Ovvero mettere in contatto le persone, ampliare le loro reti sociali e, più in generale, “nutrire le relazioni”.  Ma, andando a scorrere le varie pagine del libro delle facce o il rullo dei cinguettii, possiamo dire che oggi è ancora così? Se parto da me e da buona parte dei miei “amici” direi proprio di si. Per me Facebook è ancora un mezzo in cui mi racconto, mi metto a confronto con le persone che conosco e, anzi, mi permette di dare una quotidianità a molte relazioni che, per questioni di tempo o di distanza fisica non potrei mai coltivare nella cosiddetta vita reale. Ma io da sempre faccio poca tendenza. Nel corso dell’ultimo anno ho infatti notato un trend perlomeno stravagante. Non solo riguardo alle tematiche che ogni giorno riempiono le cronache dei media (cyber-bullismo, linguaggio violento ecc. ecc.). Non che non siano preoccupanti, ma sicuramente non mi sorprendono.  Ci sono sempre state. Nelle scuole, nei posti di lavoro, per le strade. E dal mio punto di vista il fatto che abbiano cambiato sede ne aumenta solo marginalmente la gravità. Non mi stupisce neppure l’arroganza, il turpiloquio o l’estremismo di alcune posizioni. Dato che credo che tutto ciò faccia parte della cosiddetta libertà d’espressione e che l’importante semmai è che ognuno si prenda la responsabilità di ciò che dice. La televisione in fondo sa essere anche molto peggio. Quello che invece mi stupisce è la folle e stralunata compulsività con cui molte persone (a partire da quelle celebri) gestiscono il dialogo. Mi spiego meglio. Anzi, per spiegarmi prendo a prestito un post di Michele Dalai pubblicato qualche giorno fa. Dice “Se ti sei fotografato i piedi in mare dieci minuti prima il tuo tweet sulle stragi in Egitto perde un po' di intensità, non trovi?”. Una sintesi perfetta. Che, chiariamoci, se ti chiami Belen Rodriguez ci può pure stare. Ma se sei uno normale perché lo fai? Forse per ansia di protagonismo? Per narcisismo? Perché lo fa Selvaggia Lucarelli e c’ha costruito una carriera? Per dimostrare che bellezza e tragedia possono andare mano nella mano? Se le motivazioni sono queste non mi preoccupo. Perché è un teatrino, non è reale e ognuno si diverta come vuole e come può. Purtroppo il buon gusto, lo abbiamo imparato da tempo, non è da tutti. Ma se invece ciò riflette autenticamente la persona, la sua emotività e il suo modo di portare se stesso all’esterno, direi che la situazione si fa preoccupante. Ed è proprio questione di tempi, di quei dieci minuti che passano, metabolizzano e sciolgono velocemente lo sbigottimento, il dolore e lo sconcerto nell’ansia del mostrare i piedi a bagno nel mare. E in quei dieci minuti così bipolari il nuovo nega il precedente. Come il bulimico che si abbuffa per vomitare subito dopo. Come un funerale in discoteca. A questo punto vale la pena di dare una dimensione a questo fenomeno. Che vorrei poter dire limitata. Nella rete dei miei contatti (poco più di 600), infatti,  le persone di questo tipo sono davvero pochissime. Ma oggi, per caso, mi è capitato di andare sulla pagina di Vice. Una rivista adolescenzial-alternativa che si definisce “la guida definitiva all’informazione illuminante”. Sulla sua pagina FB nel giro di tre ore sono apparsi post riguardanti: l’assunzione come giornalista della figlia del fondatore della Chiesa di Satana, le scarpe Vans, il suicidio (con tanto di foto del cadavere) di un artista concettuale, il mercato di armi in cambio di rifugiati tra Israele e Uganda e una galleria infinita di bizzarrie sessuali “al limite”. Roba per Nerd un po’ disturbati? Forse. Ma sono 1.444.000. Onestamente, giusto per tornare al tema dell’inizio, se anche le aziende, sui social media, usano quindi un linguaggio un po’ troppo freddo, impersonale e artificiale va bene così. Intanto comincino a prendere confidenza con il concetto di dialogo, poi si vedrà. Perché un conto è metterci la faccia. Un conto è perderla. Ed è già successo.